Manifestazione “Treni notte, un bene comune”

La nostra opposizione alle politiche restrittive sui servizi pubblici è fortemente motivata dagli effetti di impoverimento che vediamo sempre più incidere sulle famiglie dei lavoratori. In particolare il problema dei trasporti è di primaria importanza e ha motivato la solidarietà che abbiamo espresso con la visita al presidio dei ferrovieri durante l’ultima nostra giornata di sciopero.

In attesa di organizzare una nostra iniziativa sul diritto alla mobilità, il Comitato Iscritti FLC-CGIL ha dato l’adesione alla manifestazione che si terrà il prossimo sabato pomeriggio in Piazza San Babila tra le 15 e le 19, come riportato di seguito.

Invitiamo tutto il personale a parteciparvi.

Cordiali saluti,
FLC-CGIL UNIMI

 

TRENI NOTTE, UN BENE COMUNE – MANIFESTAZIONE A MILANO
Binario 21 chiama Italia – gruppo di cittadini a sostegno dei lavoratori licenziati dei treni notte e a difesa del trasporto pubblico come BENE COMUNE – organizza e invita a partecipare alla

MANIFESTAZIONE “TRENI NOTTE, UN BENE COMUNE”
SABATO 4 FEBBRAIO 2012
Milano, Piazza Cairoli (angolo Beltrami) – ore 15.00 – 19.00

Carmine Rotatore, Giuseppe Gison, Oliviero Cassini e i loro compagni ferrovieri sono da ormai quasi due mesi sulla Torre Faro della Stazione Centrale di Milano e sulla pensilina sottostante per protestare, in modo civile e pacifico, contro il licenziamento loro e dei loro colleghi, 800 in tutta Italia, da parte di Servirail e per chiedere il ripristino dei treni notte, soppressi in conseguenza ai tagli attuati da Trenitalia.

Numerosissime le dimostrazioni di solidarietà ricevute da parte di varie componenti della società civile – singoli cittadini, associazioni, movimenti – e da rappresentanti delle istituzioni, esponenti politici e sindacali, che, nel corso di questi quasi due mesi, si sono recati alla pensilina del binario 21 per portare appoggio morale e materiale al presidio (tra gli altri, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il consigliere regionale Giulio Cavalli, il consigliere provinciale Massimo Gatti, il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo con i consiglieri Mirko Mazzali e Anna Scavuzzo, il Segretario Generale CGIL Susanna Camusso, Salvatore Borsellino, Vinicio Capossela, il Teatro Officina con Massimo de Vita).

I treni notte costituiscono un servizio pubblico indispensabile, un vero e proprio BENE COMUNE che dev’essere difeso e preservato. E’ quindi interesse di tutta la cittadinanza che l’Italia resti unita e che vengano ripristinati quanto prima i collegamenti su rotaia a prezzi accessibili e a tratta unica senza scali.

Ecco perché, accanto all’attività sindacale che ha come giusto e auspicabile obiettivo una soluzione soddisfacente della vertenza

I lavoratori delle pulizie ridotti a schiavi e l’amministrazione tace

Benvenuti.

Avremmo voluto dare un caloroso benvenuto alla nuova impresa di pulizie che ha preso il posto di Alfiera 2001.
Avremmo voluto salutare un nuovo modo di gestire questo lavoro in Statale, onesto, efficiente e rispettoso dei diritti dei lavoratori.

Ma ahimè, già dai primi passi, l’impresa Pulitecnica s.r.l. si presenta più che come boccata d’aria fresca, come un vento fetido di sfruttamento.

La nuova impresa, in linea con quanto succede nel nostro paese, attacca duramente i lavoratori, riduce loro l’orario di lavoro anche del 60%. Dice che c’è crisi e che non si può mica lavorare tutti. E se si vuole lavorare tutti, bisogna lavorare meno. I lavoratori addetti alle pulizie saranno costretti a firmare un contratto di lavoro di 15 ore settimanali, escluso il sabato, quindi senza maggiorazioni pagate in busta a fine mese. Inoltre l’impresa pretende che il capitolato venga rispettato, ciò vuol dire che obbliga i lavoratori a svolgere in 3 ore quello che prima faceva in 5/7 ore.

La Pulitecnica, che evidentemente pensa di stare alla Statale come Marchionne alla Fiat, pretende che i lavoratori svolgano lo stesso lavoro di prima nelle 15 ore a disposizione, minaccia il licenziamento e “l’importazione” di lavoratori da Benevento, a loro giudizio più produttivi e che accetterebbero condizioni di lavoro al limite della schiavitù.

L’amministrazione se ne lava le mani e osserva compiacente, nonostante sia la prima responsabile visto che per prima propone bandi di gara al ribasso, sapendo benissimo che a pagare il prezzo del ribasso saranno i lavoratori.

Il benvenuto, alla Pulitecnica s.r.l., noi lo vogliamo dare così.

Dicendo loro che qui in Statale i lavoratori non saranno lasciati da soli e che il loro obiettivo di introdurre un sistema di lavoro pari alla schiavitù, intimidendo i propri dipendenti, qui non avrà modo di svilupparsi.

Chiediamo a tutte/i le/i colleghe/i di partecipare al presidio dei lavoratori della Pulitecnica s.r.l.

giovedì 2 febbraio 2012
VIA FESTA DEL PERDONO 7
CORTILE CENTRALE
H 09.00

Chiediamo all’amministrazione che si definisca da subito

– l’integrazione del monte ore settimanale come da precedente contratto;
– il pagamento immediato del tfr e di tutte le eventuali contribuzioni di cui si ha diritto.

Part-time riorganizzazione e altro

RESOCONTO DELL’INCONTRO DEL 10/01/2012

Dopo una lunghissima trattativa RSU e OO.SS. hanno raggiunto un’intesa con l’amministrazione per un regolamento sul lavoro part-time. Valutiamo che il risultato sia abbastanza positivo.
Finalmente in ateneo varranno le stesse regole per ogni lavoratore part-time: prima ricevevamo continue lamentele perché sembrava venissero applicate regole diverse, comunque non concordate.

Il regolamento, che deve essere approvato dagli organi di governo, sarà all’insegna del principio di non-discriminazione tra lavoro a tempo pieno e part-time. Per fare un solo esempio, la possibilità della pausa minima di mezzora per chi ha figli fino a 11 anni viene riconosciuta anche ai part-time.

Nell’incontro del 10/1, l’amministrazione ha prospettato,sulla questione dei buoni pranzo, anche in vista del rinnovo a ottobre della gara, l’eventualità del passaggio a una tessera magnetica che vale un pasto in un esercizio convenzionato (come già avviene al Comune di Milano). Le organizzazioni sindacali presenti, tranne la CISL, si sono espresse contro questa ipotesi. Noi siamo fermamente decisi a difendere il ticket. L’amministrazione ha anche prospettato, in futuro, una revisione del sistema dei sussidi ai dipendenti e l’attivazione di assicurazioni sanitarie e/o convenzioni con strutture ospedaliere. Si entrerà nel merito in prossimi incontri.

Riguardo alla riorganizzazione dobbiamo fare alcune precisazioni. Non è vero, come scritto da USB, che il direttore se l’è presa con alcuni delegati RSU. Il direttore si è scagliato contro il rappresentante territoriale della CGIL, probabilmente per un malinteso. Tuttavia alcuni settori dell’amministrazione hanno mal digerito i nostri attacchi al nuovo statuto, alle continue proroghe del Rettore, e alle nostre pressanti richieste di discutere sulla riorganizzazione.

L’ateneo è indubbiamente da riorganizzare, ci sono sperequazioni interne e molti casi di sottoutilizzo di lavoratori, delle loro capacità e competenze. Siamo pronti a confrontarci sulla riorganizzazione. Noi non difendiamo l’esistente, non difendiamo quel che non funziona: difendiamo i diritti dei lavoratori. E così, per esempio, quando si è saputo del progetto della biblioteca di scienze, abbiamo chiesto e ottenuto, già nel maggio 2011, un incontro in cui l’amministrazione ha smentito leggende come quella del dimezzamento del personale o il “declassamento” dei direttori di biblioteca. Vigileremo su questo impegno, come su altri impegni relativi alla riorganizzazione.

Concludiamo con una nota amara. Vi è un accordo tra tutte le sigle sindacali per inviare al termine degli incontri di trattativa un resoconto unitario (e poi, eventualmente, i commenti delle varie sigle).
A questo comunicato i delegati RSU stavano lavorando da giorni, per trovare un testo che andasse bene a tutti. USB ha preso il testo che si stava elaborando e l’ha inviato come se fosse suo, aggiungendo solo la parte finale sulla riorganizzazione. Noi speriamo che la nuova RSU sappia fare piazza pulita di questi mezzucci.

Operazione licenziamento facile

Il nostro “super-equo” governo invece di fare pagare chi non ha mai pagato (e continua a non pagare anche con l’ultima manovra) ha deciso quale sarà il suo prossimo obiettivo di “equità”: la cancellazione pratica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Anche su questo tema riteniamo che gli organi di informazione facciano disinformazione e quindi cerchiamo di mettere le cose in chiaro.

Innanzitutto a chi si applica l’art.18?
Ai lavoratori tutelati da contratto collettivo nazionale nelle aziende sopra ai 15 dipendenti.

Che cosa prevede?
L’articolo 18 non impedisce i licenziamenti. Prevede solo che il licenziamento sia valido unicamente per giusta causa o per giustificato motivo. Avendo subito il licenziamento la lavoratrice e il lavoratore possono ricorrere contro di esso, che può venire annullato solo se il giudice lo ritiene illegale.

Che cosa significa giusta causa o giustificato motivo?
Esempi di giusta causa: rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione lavorativa, rifiuto a riprendere il lavoro dopo visita medica che ha constatato l’insussistenza di una malattia, lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia se tale attività pregiudica la pronta guarigione e il ritorno al lavoro.

Esempi di giustificato motivo: l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro, minacce, percosse, reiterate violazioni del codice disciplinare, il superamento del periodo massimo di malattia, la chiusura dell’attività produttiva, la soppressione del posto di lavoro, la sottrazione di beni aziendali nell’esercizio delle proprie mansioni e tutte le cause previste dai Contratti collettivi di lavoro.
I modi di licenziamento individuale sono molti e si sommano a quelli previsti nelle procedure di licenziamento collettivo (crisi aziendale). Secondo gli indici dell’OCSE l’Italia è uno dei paesi dove è più facile licenziare. Quindi tutto si può dire meno che in Italia sia impossibile licenziare.

Che cosa vuole chi insiste sulla modifica e/o la cancellazione dell’art. 18?
Questi paladini dell’equità (tra cui da sempre è in prima fila il nostro “carissimo” prof. Ichino, insieme agli editorialisti del Corriere Giavazzi e Alesina, agli ex ministri Sacconi e Brunetta, ecc.) vogliono introdurre nella normativa il licenziamento individuale per cause economiche. Ovvero la possibilità del datore di lavoro di disfarsi di un lavoratore “poco utile” quando e come vogliono (magari, bontà loro, con una buonuscita).
Nel concreto si andrebbe verso una libertà quasi totale di licenziamento anche perché sotto le ragioni economiche (spesso difficilissime da contestare in giudizio) potrebbero passare le più svariate casistiche.

Se l’art.18 si applica solo a una parte dei lavoratori, perché è così importante?
Perché è un deterrente, che andrebbe esteso piuttosto a chi ne è privo. I paladini dell’equità al contrario da sempre vogliono contrapporre i “garantiti” ai “non garantiti”, i vecchi ai giovani e togliere ai primi per dare le briciole ai secondi. In questo modo i lavoratori saranno sempre più deboli e sempre più in competizione tra loro.
Naturalmente gli unici iper-garantiti sono proprio questi propagandisti del libero mercato: giornalisti, politici, baroni universitari.
L’attacco contro l’art.18, peraltro, va di pari passo con la richiesta di licenziamenti collettivi nel pubblico impiego.

Perché questa norma è continuamente presa di mira dai vari governi?
Semplicemente perché è un elemento che rafforza il potere contrattuale del lavoro. Lo Statuto dei lavoratori limita lo strapotere delle aziende. L’articolo 18 è l’architrave messo apposta per riequilibrare rapporti di forza, che pari non sono, tra lavoratori e datori di lavoro.
Quindi il continuo attacco all’articolo 18 non è “funzionale al superamento della crisi”, ma è dettato dalle esigenze di profitto del grande capitale e della finanza: tutti sono in grado di capire che licenziando più facilmente non si aumenta l’occupazione!

Pensioni e bugie

LE BUGIE SULLE PENSIONI: DOMANDE E RISPOSTE

La manovra del ministero Monti ha come provvedimento centrale quello sulla spesa pensionistica e sull’età’ di pensionamento per donne e uomini.

I risparmi previsti dai provvedimenti sulla previdenza sono 2,7 miliardi di euro nel 2012, 6 miliardi nel 2013 e ben 20 miliardi nel 2018.

I nostri professori e i vari “soloni” che pontificano sui vari media continuano a ripeterci che quelli sulle pensioni sono provvedimenti assolutamente necessari per permetterci di avere una pensione in futuro e per farla avere alle giovani generazioni. E per allinearci con gli “standard” dell’Europa…

Ma sono affermazioni basate su conteggi volutamente errati per ingannare la popolazione. E non è certamente difficile dimostrarvelo.

E’ vero che conti della spesa previdenziale sono insostenibili? E’ vero che spendiamo troppo per le pensioni?

A differenza di diversi paesi europei noi calcoliamo la spesa al lordo delle tasse sulle pensioni.
Nel 2009 le prestazioni pensionistiche (gli assegni effettivamente erogati, al netto delle trattenute fiscali ) risultano dare un avanzo di 27,6 miliardi di euro. Per spiegare meglio ai soloni di cui sopra: i lavoratori versano più di quel che lo Stato distribuisce ai pensionati ben l’1,8% del PIL. Se si calcola il lordo come spesa pensionistica in rapporto al PIL, invece, c’è un passivo del 2,5%. È questo il calcolo preferito dai vari opinionisti “non di parte”.

E’ vero che «andiamo in pensione troppo presto»?

In Germania vanno a 65 anni, in Francia ai 62. Ci viene detto a questo punto: «sì, ma solo qui c’è la possibilità di andare in pensione con 40 anni di anzianità, quindi prima dei 65».
Falso. Per gli uomini, almeno, in Italia l’età media di pensionamento è di 61,1 anni. In Francia è 59,1 anni; in Germania 61,8 e allora dove sta’ l’allineamento coi paesi cosiddetti virtuosi?

Allora come mai la nostra spesa pensionistica è così elevata?

Per esempio è l’Inps che deve erogare il TFR del pubblico impiego e anche coprire quello dei lavoratori delle aziende private che falliscono senza poterlo pagare. Il TFR è un «prestito forzoso» dei lavoratori verso l’azienda (privata o pubblica che sia): soldi che restano lì fin quando non andiamo in pensione e ci vengono restituiti come «liquidazione». Soldi nostri anche questi, che normalmente non andrebbero conteggiati dall’Inps, ma da qualche altro ente. Comunque sia, è l’1% di PIL che gonfia in modo improprio le perdite di conti altrimenti in utile.

Ci sono anche altre voci a squilibrare i conti: i prepensionamenti, per esempio aziende in crisi che si liberano di lavoratori «maturi» e li mettono in conto allo Stato. Per non parlare di tutta l’assistenza (handicap, non autosufficienti, ecc). Senza dimenticarci della «cassa di previdenza dei dirigenti di azienda», così ben gestita dai dirigenti stessi da essere praticamente fallita e dover essere caricata sulle spalle dei dipendenti…

La pensione e il Tfr sono salario differito; cioè retribuzione per lavoro prestato corrisposta in un secondo momento. Quindi ogni taglio o risparmio in questo ambito si traduce in minore salario differito che lavoratrici e lavoratori riceveranno.

Quindi si tratta solo di una manovra classista che tende a punire sempre gli stessi… alla faccia dell’equità!

Cronaca di una giornata di sciopero e solidarietà tra lavoratori

Come sosteniamo da anni solo l’unità dei lavoratori può respingere le politiche di impoverimento e recessione che si susseguono sempre più serrate; ed è proprio seguendo questo principio che come lavoratori dell’università statale abbiamo deciso di portare la nostra solidarietà concreta ai lavoratori delle ferrovie in lotta sulla torre al binario 23 della stazione centrale.

Così, dopo essere intervenuti al presidio unitario davanti alla prefettura, abbiamo proseguito la marcia alla volta della stazione per portare in delegazione la nostra vicinanza alle centinaia di lavoratori ferroviari rimasti disoccupati a seguito della soppressione delle tratte notturne che collegavano nord e sud Italia.

Ne è quindi nato un interessante scambio di opinioni tra lavoratori (e cittadini) da cui è chiaramente emerso come le politiche di tagli e sacrifici colpiscano quasi esclusivamente i lavoratori, partendo dall’esempio della mobilità negata da politiche che bruciano miliardi nell’alta velocità e contemporaneamente tagliano regionali e treni pendolari.

Alla fine della visita ci siamo lasciati con l’impegno ad organizzare un iniziativa in ateneo che coinvolga lavoratori e studenti sul diritto alla mobilità.

Nel frattempo mandiamo tutta la nostra solidarietà alle centinaia di lavoratori che hanno perso il lavoro con l’auspicio che l’attenzione e il sostegno popolare crescano fino a costringere chi pensa di uscire dalla crisi coi licenziamenti ad un ripensamento.

Manovre patriarcali

Le stangate che si sono susseguite da questa estate sino all’ultima del governo Monti hanno aumentato pesantemente l’età pensionabile di uomini e donne.

Dalla discussione pubblica è però completamente scomparsa la questione del forte aumento dell’età pensionabile delle donne e dei problemi che tale aumento provoca.

Vi ricordiamo che indagini svolte sui lavori di cura, che gravano quasi completamente e in generale sulle spalle delle donne, calcolano da un minimo di 3,5 anni a un massimo di 7 anni il lavoro aggiuntivo che le donne si debbono sobbarcare oltre alla normale attività lavorativa.
Inoltre le donne percepiscono di norma pensioni più basse di quelle degli uomini dato che mediamente lo stipendio delle donne è il 23% inferiore di quello di un uomo.

E che le donne debbono spesso interrompere la loro attività lavorativa, o ricorrere al part-time, per problemi vari.

Per finire tutte le manovre hanno tagliato pesantemente i finanziamenti agli enti locali e questo, lo sappiamo per esperienza, si traduce il più delle volte in una diminuzione dei servizi sociali, taglio dei servizi che spessissimo si scarica sulle donne.

Quindi per le donne queste manovre hanno significato un aumento dell’età di pensionamento (e di
conseguente doppio carico di lavoro) con una pensione ulteriormente decurtata dal meccanismo contributivo.

Da questo punto di vista non c’è sostanziale differenza tra il governo Berlusconi e quello dei “tecnici”: sono entrambi governi con un forte impronta patriarcale.

UN ULTERIORE BUON MOTIVO PER SCIOPERARE IL 19 DICEMBRE

Che cosa ci stiamo giocando

Molti non hanno ancora realizzato la gravità di quel che sta succedendo e i danni che i provvedimenti del governo Monti produrranno sui lavoratori e le lavoratrici.

DATI DELLA CGIA DI MESTRE

Impatto di tutte le manovre Berlusconi/Monti per nucleo familiare nel quadriennio 2011/2014: 6.402 €
3 milioni di disoccupati in più come conseguenza alla rimozione dell’ostacolo ai licenziamenti dell’art. 18 Impatto complessivo di tutte le manovre Berlusconi/Monti nel quadriennio 2011/2014: 161.100.000 €.

Come avevamo preannunciato NON saranno sacrifici equi. Il grosso arriverà dalla reintroduzione dell’ICI e dall’attacco alle pensioni; per quanto riguarda la prima non è molto noto il fatto vergognoso che la tassazione sulle seconde case per chi ha un reddito superiore a 100.000 euro risulterà addirittura più conveniente di quella attuale.
Per quanto riguarda le pensioni il governo si è guardato bene da intervenire per penalizzare i fondi in passivo, come quello dei dirigenti, che si alimentano a scapito di quelli in attivo e sulla storica ingiustizia della mancata separazione tra previdenza e assistenza.
La manovra è fortemente iniqua e viene fatta passare con la pistola puntata alla tempia: il ricatto che senza manovra il paese sarebbe fallito.
Purtroppo, però, si tratta solo dell’inizio. E’ imminente la cosiddetta riforma del welfare, che potrebbe cancellare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Da un lato ci vogliono mandare in pensione sempre più tardi, dall’altro vogliono essere liberi di licenziarci come e quando vogliono.

NESSUNO PUO SENTIRSI AL SICURO

Noi pubblici dipendenti con gli stipendi bloccati fino al 2014 verremo pesantemente colpiti oltre che da quanto detto sopra, dall’inflazione scatenata dall’aumento dell’IVA e delle accise.
Il deterioramento dei diritti nel settore privato, il depotenziamento del CCNL, l’abolizione dell’art. 18 saranno utilizzati per colpire ulteriormente anche noi.

Ci stiamo giocando, tutto insieme, quel che resta delle conquiste del movimento dei lavoratori. Tra quello che scomparirà e quel che sarà solo formalmente mantenuto (per esempio i servizi locali, sempre più costosi e dequalificati).

Il 19 dicembre dobbiamo scioperare per fermare questo governo. Dobbiamo scioperare compatti come fanno i lavoratori in tutti i paesi in cui la crisi viene scaricata sui lavoratori: Gran Bretagna, Portogallo, Grecia.

Risposta Immediata

Lunedì 12/12 in concomitanza con lo SCIOPERO GENERALE di 4 ore della CGIL (a cui il pubblico impiego non può partecipare perchè non c’è il preavviso previsto dalla l.146), ci sarà un’assemblea sindacale di 4 ore in piazza della Scala. Purtroppo altri sindacati balbettano o vogliono agire per loro conto, ma è necessario far sentire subito il nostro NO al governo.

Sicuramente da un governo di banchieri e lobbisti non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso: pagheranno lavoratori e lavoratrici (soprattutto), nonché i pensionati. Questo con buona pace del Corriere della Sera, che continua a sostenere che il grosso della manovra lo pagheranno i redditi elevati e che sarebbero stati necessari più tagli. Ci han solo dato facce un po’ più presentabili delle precedenti per far digerire la nuova stangata.

I tagli ci sono, come sempre, agli enti locali, e quindi ai servizi. E ci sono anche altre infamie, come il mancato adeguamento all’inflazione delle pensioni sopra i 936 euro, o la cancellazione di fatto delle pensioni di anzianità. Per chi possiede un’abitazione l’aggravio sarà pare di oltre 600 Euro.

Rimangono poi dei veri tabù della politica italiana.
Le spese militari sono intoccabili: 25 miliardi di Euro all’anno per comprare aerei F135 non vengono messi in discussione, la Chiesa cattolica continua a essere esentata dal pagare l’ICI per la stragrande maggioranza dei suoi immobili, l’aliquota IRPEF più alta, quella del 43%, non può mai essere alzata (è stata quasi dimezzata in 30 anni). Risultato: come dimostra l’ultimo rapporto dell’OCSE l’Italia è un paese sempre più diseguale.

Pensare che i banchieri che governano l’Italia vogliano salvare il paese è un grave errore. Vogliono salvare se stessi. Monti rinuncia volentieri a uno dei suoi stipendi se poi può applicare liberamente quanto previsto dalla lettera della BCE. Le banche, dopo la crisi del 2008, hanno ricevuto fiumi di soldi pubblici e li stanno usando per speculare contro l’Euro. Noi stiamo pagando questo conto. Le industrie chiedono “soldi per lo sviluppo”, cioè per se stesse. Anche loro li chiedono a noi, lavoratori e pensionati.

E’ necessaria una risposta che metta insieme lavoratori stabili e precari, pensionati, giovani della “generazione senza futuro”. Ed è necessaria una risposta a livello internazionale.
Quella che chiamano “salvezza dell’Italia” è in realtà la salvezza di un’élite sempre più ristretta.

Ci troviamo alle 8.30 in via Festa del Perdono. L’assemblea può essere giustificata col monte ore assemblee, usando la procedura online, all’interno della fascia oraria 8-12.

Esternalizziamo l’internalizzazione

Il nostro Ateneo è poco internazionalizzato: ha pochi scambi con atenei stranieri e attrae pochi studenti stranieri. Sicuramente è un problema, e quando in passato l’amministrazione ci ha manifestato a più riprese la volontà di investire in questo settore abbiamo trovato che fosse una scelta giusta.

Ora, però, veniamo a sapere che il CdA ha deliberato un contratto, proposto dall’ Area Affari Istituzionali, Internazionali e Formazione, che prevede di affidare il reclutamento di un certo numero di studenti stranieri provenienti da diverse aree geografiche (massimo 100) a una società privata. L’importo che dovremo pagare, se verranno reclutati tutti, sarà di € 114.000 + IVA. La società, infatti, affiderà il reclutamento a degli “scouts” che in diversi paesi pre-selezioneranno gli studenti, e ne ricaveranno una commissione.

La proposta deriva, tra l’altro, dalla constatazione che la nostra università è poco attrattiva per gli stranieri e che i ranking internazionali che distribuiscono punteggi ai vari atenei utilizzano come parametro anche il numero di studenti stranieri attratti.

Non ci è quindi ben chiaro perché dovremmo pagare € 1.140 + IVA per studente. Per avere un punteggio maggiore nei ranking internazionali? Ma non sarebbe meglio chiedersi perché la Statale sia così poco attrattiva e cercare di incidere sulle cause?

Inoltre quel che più ci preme è stigmatizzare il continuo ricorso a società esterne. Altri atenei stipulano accordi con paesi e con atenei stranieri, non mandano in giro reclutatori. Lo fanno utilizzando e valorizzando i lavoratori in organico. E questa ci sembra la strada che anche il nostro Ateneo dovrebbe seguire. Invece la Statale ricorre, come abbiamo in passato denunciato per altre attività, a società esterne come se non disponesse di lavoratori adeguatamente qualificati.

Non sarà invece che i dirigenti che non sanno come affrontare i problemi trovano più facile scaricarli su società esterne? Non sarà che se siamo così poco attrattivi c’è anche un ritardo e una responsabilità di certi dirigenti?

Noi siamo invece per “INTERNALIZZARE L’INTERNAZIONALIZZAZIONE” sviluppando e valorizzando le competenze interne.

Privare il pubblico

Qualche dato dalla legge di stabilità 2012 approvata il 14 novembre dalla ex-maggioranza di governo con l’astensione delle opposizioni

PUBBLICO
• – 3,58% per Finanziamento Università Pubbliche
• – 74,98% per il Diritto alla studio universitario
• – 25,80% per gli Alloggi studenteschi

PRIVATO
• + 20 milioni per Università Private
• + 70 milioni per Policlinici universitari gestiti da Università Private
• Nessun taglio per le Scuole Private

Il finanziamento delle scuole e università private con i soldi pagati dalle tasse di tutti i cittadini è una peculiarità solo italiana. Non solo viola l’articolo 33 della Costituzione (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”) ma è profondamente ingiusto.
L’attacco all’istruzione pubblica si inserisce nel più complessivo attacco di questi anni ai lavoratori pubblici: blocco degli stipendi dal 2010 al 2014 e sostanziale blocco delle assunzioni che tra 2008 e 2013 porteranno ad una riduzione di 300.000 lavoratori pubblici (-8,5%). Inoltre dal 2026 per il requisito della pensione di vecchiaia sarà necessario aver compiuto 67 anni. Con la norma sulle finestre mobili, l’età effettiva per il pensionamento di vecchiaia sarà di 68 anni sia per uomini che per donne. Facciamo brevemente notare che e’ completamente scomparsa da ogni discussione sull’età pensionistica qualsiasi considerazione sul lavoro di cura che è quasi completamente a carico delle donne.
Questi dati sono la dimostrazione che anche e soprattutto in un periodo di continui tagli ai servizi pubblici e alle pensioni, la classe dirigenziale italiana assicura il finanziamento all’istruzione privata per aumentare ancor di più il divario tra ricchi e poveri.

I lavoratori possono scegliere: la lotta di classe o la si subisce o la si fa

Da Tremonti a Monti

Non esistono governi tecnici. Anche se i ministri non fanno parte di un partito, le loro scelte sono sempre politiche. Possiamo aspettarci equanimità da Monti? Noi siamo contrari ai “sacrifici uguali per tutti”, perché chi deve pagare è chi si è arricchito negli ultimi anni, ma siamo sicuri che i sacrifici che Monti proporrà non saranno uguali per tutti. Magari con la foglia di fico di una patrimoniale farà la politica richiesta dalla BCE, dai mercati e dalla Confindustria. Il disastro in cui siamo stati condotti dal precedente governo e l’emergenza conseguente saranno l’alibi buono per qualsiasi ricetta, che tutti saranno obbligati ad accettare. In Italia come in Grecia, siamo al paradosso che gli uomini della finanza, massimi responsabili della crisi, sono chiamati a salvare i rispettivi paesi. Il vero mandato di Monti non è salvare l’Italia, ma salvare i capitali. Da Tremonti a Monti, per quanto ci riguarda, cambia ben poco.

CHI E’ MARIO MONTI
Le biografie apparse negli ultimi giorni sono alquanto purgate: si esalta il suo ruolo di commissario europeo e di presidente dell’antitrust, ma si sorvola, per esempio, sul fatto che dal 2005 è international advisor della banca d’affari americana Goldman Sachs, che ha un ruolo di primo piano nella speculazione internazionale. Si tratta della banca accusata di aver prestato di nascosto fin dal 2001 miliardi di dollari al governo greco e di averne coperto il buco di bilancio. Monti fa parte della Trilateral Commission, lobby internazionale nota per un suo rapporto che a metà anni ’70 denunciava l’insostenibilità dei sistemi democratici. Ma Monti è stato anche il primo presidente di Bruegel, un’altra lobby il cui gruppo di comando è composto da esponenti di spicco di 28 multinazionali e 16 Stati.

“Con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne… verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.”
Mario Monti, Corriere della Sera del 2 gennaio

CHIEDIAMO
• una lotta seria contro l’evasione fiscale
• un aumento della progressività delle imposte
• il taglio delle spese militari
• una patrimoniale sulle grandi ricchezze
• la separazione tra previdenza e assistenza
• una maggiore attenzione e valorizzazione del lavoro di cura
• rinnovi contrattuali con aumenti salariali

DICIAMO NO
• alla “libertà di licenziamento” e al precariato
• all’attacco contro le nostre pensioni
• all’aumento dell’età pensionabile per le donne e gli uomini
• all’attacco contro il pubblico impiego
• alla privatizzazione dei servizi pubblici
• allo smantellamento della scuola pubblica
• ai finanziamenti alla scuola privata

Pausa Caffè

Il CdA nella seduta del 25 ottobre ha deliberato la sostituzione dei distributori automatici che consentono l’erogazione di bevande calde e merendine alla società IVS Italia spa. Le macchine originali sono state sostituite (o lo saranno a breve) con macchine di nuova generazione che consentono risparmi energetici e controllo della funzionalità delle stesse in remoto. E fin qui tutto bene. Purtroppo, però, la gara non stabiliva il prezzo delle bevande più richieste, almeno di acqua e caffè, ma solo un generico punteggio per le condizioni economiche e uno per le condizioni tecniche. L’IVS Italia SpA ha vinto presentando condizioni tecniche molto più favorevoli delle concorrenti. E così il caffè e le bevande calde hanno visto un aumento che va da un minimo del 25% del caffè di pregio al 100% di the ed altre bevande. Le merendine inserite hanno avuto anch’esse un ritocco che va da un minimo del 12,5% per l’acqua fino al 30% per alcuni tipi di merende. E’ previsto dal contratto quinquennale l’invarianza dei prezzi per tutto il periodo. Il contratto è stato stipulato e ora poco si può fare, ma visto che l’università otterrà un canone dal gestore, sarebbe opportuno che una parte di quei soldi venissero utilizzati per iniziative a favore dei lavoratori.

Cogliamo l’occasione per ricordare che anche la gestione delle mense è affidata mediante gara a società private che ottengono lauti profitti grazie a studenti e lavoratori. Molto meglio sarebbe gestirle internamente, tenendoci la quota per il diritto allo studio e puntando al pareggio di bilancio e non al profitto a scapito delle tasche degli utenti o della qualità del cibo.

Il Posto Fisso

Non ha mostrato molta fantasia nell’applicazione della riforma Gelmini, ma certo nel restare pervicacemente attaccato alla poltrona il nostro Magnifico mostra un’abilità e un’agilità che hanno dell’incredibile.

Riepiloghiamo per i meno attenti. Alla fine del secondo mandato al Magnifico restava solo la strada della “legge ad personam”, puntualmente ottenuta mediante modifica statutaria: Decleva rimaneva rettore fino allo scadere del mandato alla CRUI.

Terminato il mandato alla CRUI (con un lieve anticipo sulla scadenza naturale) abbiamo chiesto a gran voce che se ne andasse: nulla giustificava più la sua posizione. E invece, facendosi scudo della riforma Gelmini, che peraltro aveva contribuito a scrivere, Decleva ha voluto avvalersi della proroga in servizio, anche se a rigore avrebbe dovuto valere solo DOPO l’approvazione del nuovo statuto.

Lo statuto è stato approvato, il tempo è inesorabilmente passato (quello nemmeno Decleva può fermarlo…), e l’1/11/2011 è arrivata la pensione. Qualche ingenuo avrebbe potuto pensare che, prevedendo la riforma Gelmini che un pensionato non possa fare il rettore, saremmo finalmente arrivati alla chiusura di questo lunghissimo ciclo.

E invece no: per eleggere il nuovo rettore ci vuole un nuovo regolamento elettorale, e prima della sua emanazione Decleva non può andarsene. Del resto manca anche l’approvazione ministeriale del nuovo statuto, e quindi è stato chiesto al ministero un parere sul mantenimento in servizio, che naturalmente è stato positivo.

E così, ridendo e scherzando, arriveremo al 2012, se non oltre.

Chi non ride e non scherza siamo noi lavoratori, che abbiamo dovuto subire un rettore indisponibile a discutere, uno statuto che ci tratta come personale di serie C, un’applicazione pedissequa della riforma. Peraltro ci tocca subire una continua retorica della modernizzazione da gente che non riesce nemmeno ad abolire appellativi grotteschi quali “magnifico rettore”.

Nelle occasioni in cui lo abbiamo incontrato, Decleva, tra una rispostaccia e l’altra ci ha sempre e solo detto una cosa positiva: “Approvato lo statuto me ne andrò subito”.
Promesse da barone….

E’ ORA DIRE BASTA!

Respingere al Mittente!

La Grecia (e il Portogallo) sono davanti a noi, a indicare il precipizio in cui il padronato (i cosiddetti mercati) e i loro servitori (UE, governo, CONFINDUSTRIA) ci vogliono sprofondare.

La famosa lettera di Berlusconi ala UE serve a garantire profitti e rendite, non certo al risanamento e allo sviluppo.

Ci viene prospettato un futuro di licenziamenti facili (e quindi massicci) nel privato, di mobilità coatta, blocco totale delle assunzioni e cassa integrazione nel pubblico, privatizzazione dei servizi con conseguenti forti rincari delle tariffe, ulteriore aumento dell’età pensionabile.

Ormai da anni avvisiamo che la china è questa. Non ci siamo limitati ad avvisare, abbiamo scioperato e manifestato, lasciati soli da sindacati che ora sembrano alzare la voce, ma che non avevano fatto nemmeno un’ora di sciopero contro le varie manovre di Tremonti, contro leggi infami come la Brunetta, per il rinnovo contrattuale nel pubblico impiego.

Da anni rivolgiamo un appello unitario a tutti i sindacati, anche quelli che il ministro Sacconi ha definito “responsabili”, e oggi rinnoviamo l’invito.

E’ ora di dare una risposta forte e unitaria dei lavoratori.

E’ ora di mettere in discussione la l. 146 che limita fortemente il diritto di sciopero nel pubblico impiego.

E’ ora di respingere al mittente le “letterine” della BCE e di Berlusconi e di rivendicare lo sblocco dei contratti pubblici: il risanamento lo paghino banchieri, finanzieri, imprenditori, lo paghino gli evasori fiscali e tutta la corte dei miracoli di faccendieri che ruotano attorno al governo!

Informazione Sindacale 10/2011

Ci sembra utile, all’inizio dell’anno accademico, fare il punto sulla situazione sindacale in ateneo.

SALARIO

Dal punto di vista economico gli ostacoli sono numerosi: l’ultimo CCNL (firmato solo da CISL, UIL e UGL) non ha praticamente portato aumenti salariali. Dopo di che è arrivato (giugno 2010) il blocco degli stipendi fino al 2013, che la manovra estiva ha esteso fino al 2014. Contro questa ignobile manovra hanno scioperato solo CGIL e sindacati di base. Nelle università la massa salariale di riferimento è quella del 2008, e la circolare ministeriale n.12 del 5/4/2011 ha precisato che non possono essere aumentati neppure i ticket. Per questo motivo RSU e OO. SS. hanno contrattato un aumento del contributo a
favore della mobilità casa-lavoro che, però, ha un limite economico: per legge, oltre una certa soglia, questi contributi diventano benefit e vengono tassati. In questa situazione le Organizzazioni Sindacali che parlano di aumento del ticket o si lamentano (nei comunicati, non in trattativa) di uno scarso contributo a favore della mobilità casa-lavoro non fanno altro che prendere in giro i lavoratori. Il problema fondamentale è il blocco nazionale alla massa salariale, che non può essere sbloccato che con azioni di lotta contro il governo (contro il quale gli stessi sindacati non hanno mai indetto 1 ora di sciopero).

PROGRESSIONI ORIZZONTALI

Come CGIL di ateneo crediamo che sia fondamentale garantire che, una volta terminate, le “progressioni autofinanziate” per tutti, si trasformino in progressioni a tutti gli effetti. Anche su questo c’è un blocco nazionale che scade nel 2014. Utilizzando appropriatamente il fondo comune di ateneo è però possibile procedere prima a degli adeguamenti.

INTERVENTI A FAVORE DEI LAVORATORI

Riteniamo poi che ci siano altri interventi a favore del personale che possono essere finanziati senza raggiungere la soglia del benefit: contributi per visite o prestazioni sanitarie, esenzione dal pagamento della seconda rata per iscrizione all’università di un lavoratore (o dei figli), erogazione del ticket legata alla presenza e non all’effettuazione della pausa, revisione dei criteri di assegnazione dei sussidi.

INDENNITÀ

Nei prossimi mesi verranno erogate delle indennità a lavoratori che smaltiscono rifiuti tossici o che devono rinunciare parzialmente alla flessibilità oraria. In molti casi si tratta di lavoratori che già stavano smaltendo rifiuti o sacrificando la loro flessibilità senza alcun tipo di riconoscimento. Deve partire subito il monitoraggio per riconoscere un’indennità ai lavoratori che maneggiano materiali potenzialmente
infettivi. Da sempre ci sono categorie di lavoratori che, avendo un orario disagiato o facendo i turni, ricevono un’indennità: questo non significa accettare intollerabili differenze tra lavoratori. Le differenze inaccettabili, a nostro avviso, sono quelle originate da un’iniqua distribuzione del conto terzi, che alcuni docenti interpretano come uno strumento discrezionale nelle loro mani.

CONCORSI RISERVATI

Per la prima volta, dopo diversi anni, ci saranno dei concorsi riservati (progressioni verticali): una decina già approvati, ai quali se ne aggiungeranno pochi altri. Abbiamo sempre chiesto di privilegiare i casi più evidenti di sotto-inquadramento, in particolare i B amministrativi e di biblioteca che svolgono evidenti mansioni da C. Questa richiesta, dopo essere stata accettata, è stata in gran parte disattesa: l’amministrazione ha di fatto privilegiato i ben più costosi passaggi da D a EP. Chiediamo che nella prossima tornata si trovi una soluzione.

MOBILITÀ INTERNA E FERIE

Durante l’anno passato sono stati raggiunti accordi utili per i lavoratori relativamente alla mobilità interna e alle domande di ferie. Invitiamo tutti a utilizzare, quando necessario, questi strumenti e a segnalarci eventuali violazioni. Sul versante normativo dovremmo riuscire a breve a sottoscrivere un accordo sul
tempo parziale e ad affrontare le questioni relative al convenzionamento di alcuni lavoratori degli ospedali. In molti ci chiedono di contrattare modifiche al regolamento sull’orario. La controparte, però, è disponibile a una discussione solo quando si ricontratterà il contratto decentrato.

NUOVO STATUTO E RIORGANIZZAZIONE

Sarà centrale, nei prossimi mesi, il processo di riorganizzazione dell’ateneo: cercheremo di seguirlo con puntuali incontri con l’amministrazione, informando e coinvolgendo i lavoratori. Sicuramente, per i motivi detti sopra, ci preoccupa il nuovo statuto, che disegna un CDA di stampo manageriale, presieduto da un rettore con pieni poteri: come cambieranno le relazioni sindacali in ateneo? Il rifiuto quasi totale opposto alle richieste di maggior coinvolgimento dei lavoratori portate dal Rappresentante dei lavoratori nella commissione statuto è un pessimo segnale. Ricordiamo che negli ultimi anni quel che è stato ottenuto è il frutto del coinvolgimento e della mobilitazione dei lavoratori: alla rassegnazione che sembra
regnare, alla sfiducia del “Tanto non si può fare nulla, decidono tutto loro”, dobbiamo opporre la nostra indisponibilità a pagare la crisi e a esser svalutati e privati di qualsiasi voce in capitolo sul posto di lavoro.

Lucciole e lanterne

Non succede solo in Italia: nella “tranquilla” Gran Bretagna una manifestazione contro un forte aumento delle rette universitarie è finita con l’incendio della sede del partito conservatore e poi, in agosto sono letteralmente andate a fuoco le principali città. In Grecia ogni sciopero e manifestazione porta a scontri con la polizia e gravi incidenti.

Quel che è successo a Roma il 15 ottobre non ci può sorprendere. C’è una generazione intera che è stata definita: “Generazione senza futuro” e “Generazione mille euro”. Ci sono lavoratori cassaintegrati a 700 euro al mese, con la prospettiva di venire licenziati definitivamente. C’è chi guadagna anche molto meno con lavori precari e saltuari, per non parlare di chi ha già perso il lavoro e non ne trova altro.

Di conseguenza in Italia, come dimostra anche il rapporto Caritas, la povertà sta aumentando vertiginosamente, anche grazie allo smantellamento di scuola pubblica, sanità e altri servizi sociali. Come sempre durante le crisi economiche aumenta parallelamente la ricchezza di poche persone.

Chi può pensare che in una situazione simile non si producano esplosioni di violenza?

Non ci si ripeta il solito stupido ritornello: “Ma allora approvate, giustificate, non condannate la violenza!”

Noi, più semplicemente, vogliamo guardare in faccia la realtà, che è la prima cosa da fare per cercare delle soluzioni.

Ci opponiamo all’idea insensata della destra di affrontare qualsiasi problema come un problema di ordine pubblico.

Vietare le manifestazioni, come ha già fatto il sindaco di Roma con quella degli operai della FIOM, approvare leggi liberticide, non serve a nulla: se non si incide sulle cause, la violenza continuerà a manifestarsi, magari sotto altre forme. Se verranno vietate le manifestazioni, magari dovremo assistere a rivolte come nelle banlieue parigine o nelle periferie di Londra.

E’ questo il paese che vogliamo?

Non ci distraiamo dal vedere ed opporci alle vere cause della crescente disperazione popolare: lo strapotere del capitale finanziario internazionale e delle multinazionali, i malgoverni sudditi, la sempre più iniqua distribuzione delle risorse, le caste che difendono un mercato globale avverso alle esigenze della gran maggioranza della popolazione del pianeta.

Il 15 ottobre a Roma per non pagare noi la crisi

Nei giorni scorsi abbiamo conosciuto la ricetta che la Banca Centrale Europea (BCE) ha suggerito al governo italiano.

Sono sempre le solite soluzioni liberiste che hanno portato in questi ultimi decenni ad un continuo peggioramento delle condizioni dei lavoratori.

Ecco quanto riportato nella lettera riservata inviata dalla BCE in agosto:

– Privatizzazioni dei servizi e beni pubblici
– Tagli ai servizi sociali
– Indicatori di performance nel pubblico impiego
– Riduzione delle assunzioni nel pubblico impiego in rapporto ai pensionamenti
– Libertà di licenziamento (attacco all’articolo 18)
– Riduzione degli stipendi dei lavoratori pubblici
– Attacco ai diritti stabiliti nei contratti nazionali, permettendo ai contratti aziendali di modificarli in peggio.

Ricordiamo che la BCE sarà a breve presieduta da Mario Draghi, ex governatore di BANKITALIA, ma anche ex vice-presidente di Goldman Sachs, la banca più potente del mondo (e che di fatto controlla la politica statunitense) che sta speculando attivamente sulla crisi mondiale.

I Governi sono ormai meri esecutori di quanto indicato loro da banchieri e multinazionali, consci che indebolendo nei diritti e nei salari i lavoratori, rafforzano il proprio potere.

La FLC e la FP CGIL hanno manifestato l’8 ottobre a Roma per respingere gli attacchi al pubblico impiego e sbloccare i contratti.

Invitiamo a partecipare alla manifestazione del 15 ottobre, che si svolgerà in contemporanea a Roma e in tanti paesi del mondo, contro governi, padroni e banchieri che intendono scaricare sui lavoratori il conto della crisi.

Per non finire come la Grecia… e per lottare con il popolo greco!

Solo una risposta collettiva può fermarli!

Diciamo No allo statuto dei baroni

Il CDA del 27 settembre 2011 ha approvato il nuovo statuto con 11 voti favorevoli, 4 contrari e 2 astenuti. I favorevoli, oltre al rettore e al pro rettore sono stati quasi solo ordinari e associati.

I rappresentanti dei lavoratori hanno votato così: Surace e Varotto contro, Naldi a favore.

Il risultato non ci pare per nulla positivo per il rettore e per chi ha insistito in questi mesi per arrivare a uno statuto che, invece di cercare di rimediare ai disastri della legge Gelmini, in certe parti si spinge anche oltre il dettato della legge.

L’atteggiamento antidemocratico del rettore, che ha pure negato una consultazione in ateneo richiesta da varie organizzazioni sindacali e dal rappresentante dei lavoratori in commissione, temiamo anticipi l’università che vuole il ministro, basata sulla prevaricazione di pochi.

Come CGIL di ateneo abbiamo cercato di formulare richieste specifiche per i lavoratori e sollevare questioni di ordine generale. I risultati, purtroppo, sono stati assai modesti: chi avrebbe dovuto ascoltare la voce dei lavoratori ha voluto non sentire, confidando sul fatto che non avremmo potuto mantenere per mesi alta l’attenzione e la mobilitazione.

L’11 ottobre lo statuto verrà votato dal Senato.

Invitiamo i senatori (e in particolare i rappresentanti dei lavoratori) a mostrare, con un No ancor più consistente, il rifiuto verso un’università anti democratica e sorda verso le legittime richieste di riconoscimento da parte della componente del personale tecnico-amministrativo.

Benvenuti RLS! Per la nostra sicurezza

Siamo molto soddisfatti per l’elezione degli RLS. Visto che la nostra università da oltre 10 anni risultava inadempiente in materia, riteniamo che si tratti di un risultato importantissimo e per nulla scontato: come CGIL di Ateneo per 3 anni abbiamo insistito all’interno della RSU e con l’Amministrazione per svolgere queste elezioni.

La sicurezza sul posto di lavoro in Italia è vergognosamente trascurata e riteniamo purtroppo molto significativo che la componente docente non abbia ritenuto di dover indicare nemmeno un proprio candidato.

Gli RLS si muoveranno in autonomia dall’amministrazione, rappresentando il punto di vista dei lavoratori sulla sicurezza. Per questo motivo non abbiate timore a consultarli e a far loro presente i problemi e i dubbi che vi si presentano.

Nei prossimi mesi, dopo il corso di formazione, sarà necessario un monitoraggio delle situazioni più urgenti e preoccupanti.

Ringraziamo i lavoratori e le lavoratrici che hanno dato la loro disponibilità per questo compito impegnativo (e non retribuito!) e facciamo loro i nostri migliori auguri!