CHE STRESS!

Mercoledì 15 luglio si è tenuto un webinair sul benessere organizzativo in Statale, a cui hanno partecipato molti relatori, ma non la RSU, coinvolta solo un paio di giorni prima. Parlare di benessere organizzativo e di stress lavoro correlato senza la RSU e le organizzazioni sindacali ci ha ricordato un po’ i convegni sulle donne in cui parlano solo uomini. Visto che sono stati preannunciati nuovi momenti di riflessione, speriamo in un coinvolgimento futuro, ma noi della FLC-CGIL vogliamo già da subito fornire un nostro contributo, in particolare riguardo quanto è emerso dalla ricerca sullo stress lavoro correlato, iniziata nel 2017, con forte ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge.

L’analisi degli eventi sentinella previsti dalla metodologia INAIL riporta il 25% di strutture a rischio di stress lavoro correlato medio alto nell’amministrazione centrale (e solo il 25% a rischio basso) e il 17% nei dipartimenti: non è poco. Inoltre quasi il 70% dei lavoratori nei dipartimenti e oltre al 60% dei lavoratori delle direzioni manifesta un giudizio negativo rispetto al lavorare in Unimi. A noi sembrano dati allarmanti. E’ necessario precisare che nel periodo di svolgimento della ricerca c’erano un altro rettore e un altro direttore generale: alcuni problemi emersi si stanno ora affrontando, come quello della conciliazione casa-lavoro. Tuttavia, sebbene sia vero quanto osservato da alcuni relatori, e cioè che a queste rilevazioni tendono a rispondere maggiormente le voci critiche, è vero anche che i più critici in assoluto, cioè gli sfiduciati, invece non rispondono. Non siamo così sicuri che il quadro emerso sia più grave di quanto sia la realtà, anche se probabilmente è vero che è un quadro comune a molti atenei.

Visto che dovranno essere presi dei provvedimenti per le situazioni più a rischio di stress lavoro correlato, e visto che una nuova ricerca dovrebbe partire, ci permettiamo di fare qualche osservazione.

Al momento mancano i dati sui carichi di lavoro (la prima indagine è stata fatta, pagata a consulenti esterni e mai utilizzata) e sugli orari di fatto (cioè quante ore un lavoratore lavora realmente), emersi nella lunga discussione sul riposo compensativo: ci sono diversi lavoratori che accumulano tante ore che poi perdono. Indubbiamente si tratta di una condizione patologica determinata da cattiva organizzazione del lavoro e potenzialmente fattore di stress.

Uno degli elementi che emergono dalla ricerca è lo scarso coinvolgimento. In questi anni i lavoratori hanno subito continue riorganizzazioni, cambiamenti nei processi, nei flussi, negli strumenti di lavoro, senza che fossero fornite loro motivazioni, obiettivi, direzione di marcia. E’ necessario introdurre in tempi rapidi delle modalità di coinvolgimento.

Un altro tema negativo ricorrente è la mancanza di riconoscimento. Se uno lavora bene e non si lamenta gli succede di essere sempre più caricato di lavoro. I dirigenti si lamentano di non avere strumenti premiali, pensando forse che quello sia il solo sistema per riconoscere il lavoro svolto. In realtà se avessero maggiori strumenti premiali, godrebbero solo di un maggiore potere nell’attuare una politica di divide et impera. Se alcune risposte da parte dei lavoratori sembrano chiedere anch’esse una maggiore premialità, visto quanto emerge relativamente ai rapporti tra lavoratori, sembra più l’esternazione di malessere e senso di marginalità. L’allarme principale non è certo relativo all’appiattimento retributivo del singolo a discapito della collettività, ma piuttosto alla poca solidarietà e all’individualismo, e ciò si riscontra non a caso soprattutto nei dipartimenti, dove, a causa del conto terzi, vi è una grande differenziazione retributiva.

Infine, uno degli elementi più critici, consiste nell’organizzazione del lavoro. Spesso carichi eccessivi, senso di frustrazione, ecc. derivano da lavoro organizzato malamente o per nulla.

Per concludere evidenziamo quali sono, a nostro avviso, le priorità:

• intervenire rapidamente sui carichi di lavoro eccessivi, prestando particolare attenzione al lavoro effettuato in orari extra lavorativi (orari serali, notturni, durante le ferie, in malattia). La disconnessione non deve essere solo un diritto del lavoratore, ma anche un comportamento auspicato dall’amministrazione, come abbiamo già avuto modo di chiedere;

• monitorare i processi e l’organizzazione del lavoro nelle varie strutture: i capi non sempre organizzano, o sanno organizzare, il lavoro altrui;

• mettere in pratica delle forme di puntuale informazione e di coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni relative agli obiettivi, alle modalità e agli strumenti di lavoro;

• prevedere dei percorsi di formazione dei dirigenti (che sono gli stessi del periodo in cui è stata svolta la ricerca), che non possono essere solo dei tecnici, ma devono anche sapere organizzare il lavoro e relazionarsi coi lavoratori;

• rivedere la formazione, a partire da un’effettiva ricognizione dei bisogni;

• intervenire sulle situazioni più critiche, per esempio i problemi segnalati da chi lavora negli ospedali, sia negli uffici, dove il rischio medio alto rilevato per la struttura potrebbe invece essere alto.