Il Senato Accademico e la falsa democrazia

Il Senato Accademico del 16/1/2018 era chiamato a esaminare il piano industriale per la trasformazione della Fondazione Filarete in Fondazione universitaria. Com’è andata l’avrete letto dal resoconto di Andrea Cerini.

Eccetto pochi coraggiosi, una maggioranza consistente ha deciso di discutere, si fa per dire, e approvare una corposa relazione inviata poche ore prima, ignorando l’anticipo previsto dal regolamento.

Sono tutti premi Nobel questi senatori, in grado di leggere, valutare, formarsi un parere in così poco tempo? Ovviamente la domanda è retorica.

Ormai si rapportano al rettore a colpi di voti di fiducia. Probabilmente molti non hanno neppure letto il documento, e comunque nulla sanno della questione in discussione.

Nella delibera, alquanto contraddittoria, si afferma che la Fondazione Filarete ha raggiunto una certa “notorietà” e “ottimi risultati scientifici”, ma che presentava una situazione problematica per le “non rassicuranti condizioni economico-finanziarie e patrimoniali”. In realtà ha prodotto un vero e proprio buco economico da ripianare.

Pur non pagando alcun affitto all’università per gli spazi occupati, per anni aveva permesso ad alcuni docenti di svolgere le proprie attività senza dare nulla al bilancio di ateneo, impoverendo anche il nostro Fondo Comune d’Ateneo.

Il tentativo di rilancio fatto col protocollo d’intesa del 2016 è stato parimenti fallimentare: risultati modestissimi dal punto di vista economico, problemi di relazione con parte dell’ateneo.

L’ateneo ha affidato a una multinazionale, KPMG, uno studio per delineare un possibile piano di rilancio. Secondo questo studio, a nostro avviso assai discutibile, servirebbe almeno 1 milione all’anno per tre anni per risollevare la Fondazione. Sono questi i soldi che l’ateneo si impegna a stanziare? In cambio di che cosa? E perché ipotizza di strappare al bilancio, e quindi al Fondo Comune, sino al 15% delle entrate dai contratti che porteranno?!

A Filarete verrebbe confermata l’esternalizzazione di attività già svolte internamente, anzitutto con lo smantellamento di UNIMITT, struttura sulla quale negli anni passati l’amministrazione aveva investito molto, e ha sempre svolto egregiamente il suo lavoro.

Ci chiediamo anche perché le attività aggiuntive che verrebbero affidate a Filarete non possano essere svolte internamente, a un costo sicuramente più contenuto. La risposta, però, ormai è evidente; la scarsa considerazione del personale amministrativo, che ha una buona parte dell’amministrazione. Peccato che UNIMITT gestito internamente e da amministrativi svolgesse bene il suo compito.

Le politiche liberiste dei rettori post riforma Gelmini possono essere definite: “impoverisci il tuo successore”. Infatti, oltre al fardello del trasferimento di Città Studi, Vago si appresta a scaricare sul suo successore pure quello di Filarete. Anche grazie al Senato che approva a colpi di maggioranza, senza neppure avere il tempo di leggere i documenti in questione. Una falsa democrazia ormai indigesta a molti.

Ringraziamo i 12 senatori che hanno chiesto di rimandare la discussione, gli 8 tra contrari e astenuti.
Ricordiamo a chi ha proposto l’argomento e a chi votato a favore che si tratta di soldi pubblici, e che il danno erariale non riguarda sempre e solo le rivendicazioni dei lavoratori contrattualizzati.

Qui il volantino da stampare, affiggere, diffondere