Referendum costituzionale: piatto ricco

Il centro della riforma, il business come si dice adesso, è la modifica del Titolo V, cioè degli articoli che disciplinano le competenze statali e quelle degli enti locali.

 Si è detto genericamente che è in atto un ri accentramento di funzioni. Vediamone le conseguenze pratiche: se dovesse passare la riforma il governo potrebbe, grazie al nuovo art. 117, procedere alla vendita delle aziende locali che si occupano di energia, gas, trasporti.

Un affare miliardario, che il governo ha anticipato, per invogliare gli investitori internazionali, in alcune graziose brochure dal titolo “Public utilities” distribuite alla Fiera del Levante (che non è propriamente la Fiera dell’Est della canzone di Branduardi…).

Sappiamo ormai bene, dall’esperienza degli ultimi decenni, che privatizzazione è sinonimo, oltre che di svendita del patrimonio pubblico, anche di aumento delle tariffe e, spesso, di riduzione dei servizi. Ma è anche sinonimo di affari per i privati, a spese nostre.

Le speculazioni, bloccate a livello di comuni e regioni spesso da comitati locali, potranno tranquillamente essere realizzate a livello centrale dal governo.

Per questi motivi…

IL 4 DICEMBRE MEGLIO VOTARE NO!