Secondo la ministra Boschi chi rinviene nella sua proposta di riforma costituzionale una svolta autoritaria soffre di allucinazioni, e, pertanto, non vale la pena rispondergli.
Vediamo di che cosa si sta parlando. La proposta del ministro, per conto del governo, prevede un senato non eletto dai cittadini, ma dai consigli regionali (più 5 senatori a vita nominati dal presidente della repubblica su 95). Questa proposta si combina con una riforma elettorale che assicura un forte premio di maggioranza al partito che vince le elezioni, con deputati sostanzialmente nominati dai partiti, visto che continueranno a non esserci le preferenze, e un’alta soglia di sbarramento. Diventerà molto più facile per il partito che vince le elezioni disporre di maggioranze qualificate anche nelle votazioni a camere congiunte, come per l’elezione del presidente della repubblica e dei giudici costituzionali. Questo significa che chi vince le elezioni non solo potrà governare con molti meno “intralci” da parte dell’opposizione, ma avrà il controllo anche di chi dovrebbe invece controllarlo. Chi disporrà di tutto questo potere sarà con ogni probabilità stato eletto comunque da una minoranza degli elettori.
Infine per proporre un referendum serviranno ben 800.000 firme.
Forse solo un ministro che arriva a portare Fanfani, il fallimentare segretario della DC degli anni ’70 che si oppose alla legge sul divorzio, come esempio per tutte le donne (!!) può bollare come menzogne o allucinazioni le critiche alla sua riforma.
Il governo, per ora, ha giustificato la volontà e la fretta di fare queste riforme, coi seguenti argomenti: 1) si velocizzerebbe il processo decisionale, 2) si ridurrebbero i “costi della politica”.
Il primo argomento è privo di fondamento. In realtà gran parte dei ritardi accumulati dal parlamento sono dovuti al fatto che molti decreti (gli ultimi governi legiferano quasi solo per decretazioni d’urgenza) non vengono convertiti in legge o tardano poi i decreti attuativi. La riforma proposta rende più snelle le procedure solo nel senso che il partito che vince le elezioni avrà potenzialmente un controllo fortissimo sui vari poteri dello stato. Se questa non è una svolta autoritaria!, 2) i “costi della politica” si riducono di poco, ma quanto potrebbe costare in tutti i sensi l’ulteriore riduzione della democrazia rappresentativa, dei controlli, dei contrappesi non a caso previsti dalla costituzione?
Come CGIL difendiamo il suffragio universale per tutte le assemblee elettive e il principio “una testa, un voto”. Questi elementari principi democratici – che, ironia della storia, oggi un partito che si dice democratico mette in discussione – devono valere in ateneo, come nelle elezioni locali e nazionali.
Una volta fatta passare la riforma concordata con Berlusconi, l’esecutivo (di qualsiasi colore sarà), potrà imporre, questo sì, molto più facilmente la drastica politica di sacrifici prevista dall’obbligo di pareggio di bilancio e dal fiscal compact. Da questo i lavoratori hanno tutto da perdere.
In conclusione, le allucinazioni sono quelle che vorrebbero indurre sulla popolazione, mediante pratiche di imbonimento da strada, considerando la cultura costituzionale come un intralcio.