Da tempo non va più di moda parlare dei crimini commessi da dirigenti d’azienda, manager, imprenditori, banchieri: gente che non imbratta i muri, non occupa le case, non rapina gli uffici postali, ma crea danni superiori a tutta la piccola delinquenza messa assieme.
Con ogni probabilità, uno di questi delinquenti è finito a presiedere la commissione europea. Si chiama Jean Claude Juncker, per 18 anni presidente del Lussemburgo. Da un’inchiesta condotta da 80 giornalisti su un numero impressionante di documenti emerge come il Granducato sia la meta privilegiata dell’elusione fiscale. Multinazionali, banche, grandi imprese nazionali, si recano in Lussemburgo e concordano con un accordo segreto l’aliquota fiscale con cui tassare i propri depositi. In poche parole, imprese come Pepsi Cola, Ikea, Amazon, Apple, ma anche FIAT (anche se curiosamente i quotidiani non la riportano), Finmeccanica (un’azienda pubblica!), Intesa San Paolo, Unicredit.
Insomma: mentre noi lavoratori dipendenti siamo inchiodati da trattenute e addizionali in busta paga, tariffe crescenti, accise sui carburanti, e via tassando, le maggiori imprese presenti nel paese o nella UE (alla quale versiamo miliardi di euro l’anno) possono tranquillamente scegliersi quante tasse pagare nel Lussemburgo.
Davanti a ciò ossessionarsi con “quanto ci costano i pensionati”, “quanto ci costano gli immigrati”, dire che non ci può più permettere le politiche sociali del passato, risulta veramente patetico.
Quando il manager o i politico di turno, col maglioncino di cachemire o il completino d’ordinanza, ci vengono a dire che bisogna tagliare stato sociale, diritti, che l’articolo 18 è una cosa del 1970 e quindi superata dai tempi, ricordiamoci sempre che chi sta parlando è solo un delinquente legale.