Il decreto del lavoro (precario)

Diffidare sempre degli annunci che promettono tutto e meglio e vedere gli atti concreti: questo rimane sempre il nostro metodo di lavoro per non cadere in facili illusioni.

Il decreto “lavoro” (D.L. 34/14) è stato dunque pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è quindi già vigente. Per renderlo immediatamente operativo, il Governo lo ha emanato senza alcuna preventiva discussione parlamentare. Vedremo poi chi in parlamento ne voterà la conversione in legge e quali saranno i contenuti.

Non che il precariato sia una novità, ma con questo testo viene messa la parola fine ad ogni ipocrisia del tipo “il contratto standard è quello a tempo indeterminato e il precariato viene utilizzato solo per motivi eccezionali e temporanei”. Il nostro giudizio non può essere che conseguente a quello che leggiamo: ormai siamo alla totale de-regolamentazione del precariato.

Di seguito vi sintetizziamo i punti principali del decreto.

CONTRATTI A TERMINE, 3 ANNI SENZA CAUSALE: l’obiettivo primario è quello di facilitare il ricorso a questa tipologia contrattuale. Il punto più controverso del decreto, che ha suscitato le maggiori critiche e le proteste della Cgil, secondo la quale aumenta il precariato, è l’estensione da 12 a 36 mesi della durata del rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è più richiesta la causale, ovvero la ragione dell’assunzione (e questo in violazione della direttiva dell’Unione Europea 1999-70-CE). Nel decreto e’stato anche elevato al 20% il limite dell’organico complessivo per il numero di contratti a termine (uno per le imprese fino a 5 dipendenti) e le proroghe, fissate nel numero massimo di 8 – e non più di una sola volta, come in passato – a patto che ci si riferisca alla stessa attività lavorativa. La disciplina si applica anche al contratto di somministrazione a tempo determinato.

IL RICORSO ALL’APPRENDISTATO, DIVENTA PIÙ SEMPLICE: per questa tipologia contrattuale si prevede il ricorso alla forma scritta per il solo contratto e patto di prova (e non, come in precedenza previsto, anche per il relativo piano formativo individuale); l’assunzione di nuovi apprendisti non è più condizionata alla conferma in servizio di precedenti apprendisti al termine del percorso formativo (il precedente limite era del 30% di assunzioni prima di poter aprire nuovi contratti di apprendistato). È inoltre previsto che la retribuzione, per la parte riferita alle ore di formazione, sia pari al 35% della retribuzione del livello contrattuale d’inquadramento. Per il datore di lavoro viene eliminato l’obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica, che diventa un elemento discrezionale.