Operazione licenziamento facile

Il nostro “super-equo” governo invece di fare pagare chi non ha mai pagato (e continua a non pagare anche con l’ultima manovra) ha deciso quale sarà il suo prossimo obiettivo di “equità”: la cancellazione pratica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Anche su questo tema riteniamo che gli organi di informazione facciano disinformazione e quindi cerchiamo di mettere le cose in chiaro.

Innanzitutto a chi si applica l’art.18?
Ai lavoratori tutelati da contratto collettivo nazionale nelle aziende sopra ai 15 dipendenti.

Che cosa prevede?
L’articolo 18 non impedisce i licenziamenti. Prevede solo che il licenziamento sia valido unicamente per giusta causa o per giustificato motivo. Avendo subito il licenziamento la lavoratrice e il lavoratore possono ricorrere contro di esso, che può venire annullato solo se il giudice lo ritiene illegale.

Che cosa significa giusta causa o giustificato motivo?
Esempi di giusta causa: rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione lavorativa, rifiuto a riprendere il lavoro dopo visita medica che ha constatato l’insussistenza di una malattia, lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia se tale attività pregiudica la pronta guarigione e il ritorno al lavoro.

Esempi di giustificato motivo: l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro, minacce, percosse, reiterate violazioni del codice disciplinare, il superamento del periodo massimo di malattia, la chiusura dell’attività produttiva, la soppressione del posto di lavoro, la sottrazione di beni aziendali nell’esercizio delle proprie mansioni e tutte le cause previste dai Contratti collettivi di lavoro.
I modi di licenziamento individuale sono molti e si sommano a quelli previsti nelle procedure di licenziamento collettivo (crisi aziendale). Secondo gli indici dell’OCSE l’Italia è uno dei paesi dove è più facile licenziare. Quindi tutto si può dire meno che in Italia sia impossibile licenziare.

Che cosa vuole chi insiste sulla modifica e/o la cancellazione dell’art. 18?
Questi paladini dell’equità (tra cui da sempre è in prima fila il nostro “carissimo” prof. Ichino, insieme agli editorialisti del Corriere Giavazzi e Alesina, agli ex ministri Sacconi e Brunetta, ecc.) vogliono introdurre nella normativa il licenziamento individuale per cause economiche. Ovvero la possibilità del datore di lavoro di disfarsi di un lavoratore “poco utile” quando e come vogliono (magari, bontà loro, con una buonuscita).
Nel concreto si andrebbe verso una libertà quasi totale di licenziamento anche perché sotto le ragioni economiche (spesso difficilissime da contestare in giudizio) potrebbero passare le più svariate casistiche.

Se l’art.18 si applica solo a una parte dei lavoratori, perché è così importante?
Perché è un deterrente, che andrebbe esteso piuttosto a chi ne è privo. I paladini dell’equità al contrario da sempre vogliono contrapporre i “garantiti” ai “non garantiti”, i vecchi ai giovani e togliere ai primi per dare le briciole ai secondi. In questo modo i lavoratori saranno sempre più deboli e sempre più in competizione tra loro.
Naturalmente gli unici iper-garantiti sono proprio questi propagandisti del libero mercato: giornalisti, politici, baroni universitari.
L’attacco contro l’art.18, peraltro, va di pari passo con la richiesta di licenziamenti collettivi nel pubblico impiego.

Perché questa norma è continuamente presa di mira dai vari governi?
Semplicemente perché è un elemento che rafforza il potere contrattuale del lavoro. Lo Statuto dei lavoratori limita lo strapotere delle aziende. L’articolo 18 è l’architrave messo apposta per riequilibrare rapporti di forza, che pari non sono, tra lavoratori e datori di lavoro.
Quindi il continuo attacco all’articolo 18 non è “funzionale al superamento della crisi”, ma è dettato dalle esigenze di profitto del grande capitale e della finanza: tutti sono in grado di capire che licenziando più facilmente non si aumenta l’occupazione!