Il Senato Accademico, il 18 gennaio 2011, ha approvato il rinnovo del Consorzio Milano Ricerche, al quale partecipano diversi atenei e alcune aziende private (tra le quali l’Aermacchi, nota produttrice di
aerei da guerra). Si tratta di un rinnovo anticipato di ben 1 anno e mezzo rispetto alla scadenza (giugno 2013). Il CDA sarà chiamato a esprimersi il 25 febbraio 2011.
Al di là di qualsiasi considerazione sull’opportunità di consorziarsi coi mercanti d’armi, quel che caratterizza il suddetto consorzio è la sua mancanza assoluta di strutture proprie (leggi laboratori). Se qualche docente dell’Università degli Studi di Milano accetta di lavorare per Milano Ricerche, lo farà dietro compenso (ovvio), nelle strutture dell’Università e senza versare un soldo al bilancio dell’Ateneo. In certi casi è un metodo utilizzato per aggirare il regolamento del conto terzi.
Il rinnovo del consorzio è per un periodo molto lungo: 9 anni, cosa che rappresenta un’ulteriore anomalia.
L’applicazione della Legge 240/2010 (così si chiama la funesta riforma Gelmini) sta creando molti problemi alla ricerca universitaria e all’applicazione del Regolamento per il conto terzi. Entreremo più nel dettaglio in futuro, quando ci sarà maggior chiarezza, ma quel che pare certo è che utilizzare le procedure del conto terzi per effettuare attività di ricerca sarà più difficile, non potendo più stipulare contratti a tempo determinato e co.co.co. Inoltre, visto che sono state liberalizzate le consulenze e le attività di formazione svolte come attività libero professionali, per i docenti che vogliono incrementare le loro entrate sarà molto più conveniente concentrarsi su questo tipo di prestazioni.
Dato questo contesto, un’eventuale proroga del Consorzio Milano Ricerche rappresenterà un’ulteriore stimolo all’affossamento del conto terzi regolamentato e con esso del bilancio universitario in
generale e del Fondo Comune di Ateneo in particolare. Ricordiamo a tutti che da questo fondo dipende una parte molto importante della nostra contrattazione decentrata.
PER QUESTI MOTIVI CHIEDIAMO AL CDA DI BLOCCARE QUESTA DELIBERA.